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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-07-01 ad oggi 2010-07-08 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)MILANO - In arrivo modifiche per il Lodo Alfano: l'idea è di estendere ulteriormente lo scudo per il premier prevedendo che la sospensione possa valere anche per i processi cominciati prima dell'assunzione della carica. Il Pdl vorrebbe estenderla al presidente del Consiglio e ai ministri, mentre nel testo attuale vale solo per il capo dello Stato. La proposta è contenuta nel parere sul Lodo che la commissione Giustizia del Senato, presieduta da Filippo Berselli, dovrebbe consegnare giovedì a quella degli Affari costituzionali. "Del resto - spiega lo stesso Berselli che ha messo a punto il parere - sarebbe stato un diverso trattamento tra il capo dello Stato e il presidente del Consiglio e non sarebbe stato giusto. Così la proposta è quella di uniformare il trattamento riservato al presidente della Repubblica anche al premier e ai ministri". |
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Il Mio Pensiero
(Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):…..
Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-28 ad oggi 2010-07-07 |
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2010-07-01 1 Luglio 2010 DDL ALFANO Sì di Bossi al Lodo Alfano allargato Estendere l'applicazione del Lodo Alfano è "una piccola cosa: il presidente del Consiglio deve badare a un Paese e qualcosa gli devi dare". Ne è convinto Umberto Bossi, ministro per le Riforme e segretario della Lega Nord, che in questi termini ha risposto ai giornalisti, a margine della firma di patti di sicurezza a Varese. Bossi è convinto che sul disegno di legge sulle intercettazioni, che arriverà in aula alla Camera il prossimo 29 luglio, si troverà "la mediazione" tra le esigenze dei cittadini alla riservatezza e della magistratura a indagare. "La gente non ci tiene ad essere intercettata, mentre in alcuni casi è chiaro che la magistratura deve poter intercettare, ma non su tutto e su tutti. Si deve trovare la via, la mediazione, e la troveremo", ha aggiunto il leader del Carroccio. Ieri la conferenza dei capigruppo ha deciso che il ddl arriverà in aula a Montecitorio il 29 luglio, dopo che il centrodestra ha cercato di imprimere un'accelerazione al provvedimento, anche se le tensioni dentro il Pdl e con l'opposizione restano alte. La prospettiva di lavorare sulle intercettazioni ad agosto, caldeggiata dal capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, non piace però alla minoranza del partito legata al presidente della Camera Gianfranco Fini, mentre l'opposizione chiede di far slittare il provvedimento a settembre, per dare più tempo ai deputati di fare modifiche, soprattutto dopo che ieri il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, ha aspramente criticato il ddl per la parte che riguarda il contrasto alla criminalità organizzata. Duri i commenti dell'opposizione. "È inutile che Bossi faccia finta di niente o tenti di sdrammatizzare. Estendere il lodo Alfano ai reati in corso ed a tutti i ministri è un privilegio che nessun altro governante in nessun altro paese civile e democratico conosce", ha detto Massimo Donadi, capogruppo di Italia dei Valori alla Camera. "La Lega, in nome della sua Realpolitik, tradisce i suoi elettori sulla sicurezza e sulla legalità, sia con il lodo Alfano sia con il sì alla legge sulle intercettazioni. Insomma, a Pontida parla bene ma a Roma razzola male", conclude il presidente dei deputati di IdV.
30 Giugno 2010 INTERCETTAZIONI Ddl in aula dal 29 luglio Fini: "È irragionevole" Il testo del ddl sulle intercettazioni telefoniche arriverà in aula alla Camera il prossimo 29 luglio, dopo l'esame della manovra economica. Lo ha deciso la conferenza dei capogruppo di Montecitorio. La decisione di calendarizzare il ddl intercettazioni alla fine di luglio è stata assunta dalla presidenza della Camera davanti alla richiesta dei gruppi di maggioranza e al no dell'opposizione. I tempi non saranno contingentati trattandosi di primo calendario. "Questo vuol dire - spiega il capogruppo del Pd Dario Franceschini - che il testo non verrà assolutamente votato a luglio, ma che sarà necessario arrivare alla prima settimana di agosto. È una cosa non logica: serve solo a comprimere l'esame della manovra per un testo che comunque sarà modificato e dovrà tornare al Senato. Insomma, è una forzatura sbagliata". E dall'Udc Michele Vietti lancia un appello al Pdl: "Fare una questione di puntiglio significa far spegnere la voglia di dialogare anche in chi quella voglia ha sempre dimostrato di averla". Ma la maggioranza respinge l'accusa al mittente. "Nessuna prova di forza ed è assolutamente improprio parlare di forzature", spiega il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto. "Quel testo - sostiene - è stato 14 mesi alla Camera, poi parecchi mesi al senato e ora torna in terza lettura e in Commissione si stanno facendo pure le audizioni. Andare a chiuderne l'esame entro la prima settimana di agosto è nell'ordine delle cose". IL PRESIDENTE FINI: IRRAGIONEVOLE Calendarizzare a fine luglio di ddl sulle intercettazioni "è irragionevole", visto che il voto finale è probabile che finisca comunque a settembre, considerato che alla Camera probabilmente ci saranno modifiche. È quanto avrebbe detto dopo la riunione dei capigruppo della Camera il presidente della Camera Gianfranco Fini, ribadendo che mettere in calendario quel testo a fine luglio"è solo un puntiglio". Tuttavia, ha precisato Fini secondo quanto viene riferito da chi era presente alla conversazione, questo ragionamento politico non lo autorizzava a mettere il testo direttamente nel calendario di settembre: facendolo sarebbe, infatti, "venuto meno al proprio dovere istituzionale" visto che la maggioranza dei gruppi chiedeva l'esame del testo a luglio.
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-06-08 LA POLEMICA PER UN ARTICOLO SU "IL GIORNALE" Lodo Alfano, l'ira del Quirinale "Estraneità a ogni discussione" Replica a "tesi calunniose e provocatorie" nei confronti del presidente dopo l'emendamento Pd sull'immunità LA POLEMICA PER UN ARTICOLO SU "IL GIORNALE" Lodo Alfano, l'ira del Quirinale "Estraneità a ogni discussione" Replica a "tesi calunniose e provocatorie" nei confronti del presidente dopo l'emendamento Pd sull'immunità Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa) Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa) MILANO - Estraneità alla discussione di proposte di legge d'iniziativa parlamentare e nessun interesse a sollecitare innovazioni sulle prerogative del Capo dello Stato. Così, in sintesi, il Quirinale interviene con una nota sul lodo Alfano e sulle ricostruzioni di stampa apparse su alcuni quotidiani, che riguardano in particolare un emendamento, presentato dal Pd e poi ritirato, volto a garantire al capo dello Stato uno scudo totale, valido anche per i reati penali. GLI ARTICOLI E LA NOTA - "Ma che ha combinato Napolitano?": è la domanda che campeggia mercoledì sulla prima pagina del Giornale accompagnata da un occhiello ("Vogliono sottrarlo alla legge") e da un sommario: "Il Pd propone di dare al presidente l’impunità totale: un voltafaccia clamoroso. E ora ci si chiede quale sia l’inconfessabile segreto che va protetto anche al prezzo di una simile figuraccia". Quindi un editoriale del condirettore Alessandro Sallusti. La reazione del Quirinale non si è fatta attendere. "La presidenza della Repubblica - si legge nella nota del Colle - resta sempre rigorosamente estranea alla discussione, nell'una o nell'altra Camera, di proposte di legge d'iniziativa parlamentare, la cui presentazione non deve - a differenza dei disegni di legge d'iniziativa governativa, ai sensi dell'art. 87 della Costituzione - essere neppure autorizzata dal Capo dello Stato". Il Quirinale precisa quindi che "ciò vale anche per la proposta di legge costituzionale (a firma del senatore Gasparri ed altri, recante disciplina dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato) attualmente in discussione alla prima Commissione del Senato della Repubblica e per qualsiasi emendamento presentato in quella sede". Quindi il riferimento diretto a due quotidiani: : "Il Giornale dopo che già ieri Il Fatto Quotidiano era intervenuto ambiguamente sull'argomento, ha tratto spunto da tale vicenda parlamentare per un sensazionalistico titolo e articolo di prima pagina, destituiti di qualsiasi fondamento, la cui natura ridicolmente ma provocatoriamente calunniosa nei confronti del Presidente della Repubblica non può essere dissimulata da qualche accorgimento ipocrita: la Presidenza non può non rilevarne la gravità". Il Presidente della Repubblica "non ha comunque nessun motivo, né personale né istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del Capo dello Stato". FELTRI - "Noi non ce l’abbiamo con il capo dello Stato Napolitano almeno in questo caso" ha spiegato Feltri replicando alle osservazioni fatte dal capo dello Stato. L'emendamento presentato dal Pd per dotare il presidente della Repubblica di uno scudo giudiziario, ha aggiunto il direttore del quotidiano, "è stato proposto dalla sinistra con argomentazioni molto simili a quelle adottate per tanti anni al fine di polemizzare con Berlusconi". E a giudizio di Feltri "il presidente della Repubblica dovrebbe indagare su questo e non prendersela con chi si limita a riferire i fatti e a interpretarli in modo corretto come abbiamo fatto noi e Il Fatto". Più in generale sul Lodo Alfano, Feltri ha concluso: "Io non so se verrà bocciato un’altra volta. Se questo avvenisse non ci sarebbe poi molto da stupirsi". Redazione online 07 luglio 2010(ultima modifica: 08 luglio 2010)
in carcere anche Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino Appalti nell'eolico, arrestato Flavio Carboni. "Manovre sul Lodo Alfano" Riunione a casa Verdini con Dell'Utri. Pressioni anche per la Lista Formigoni. Il gip:"Banda segreta come P2 per pilotare giudici e politici". Difesa:"Tutto assurdo" * NOTIZIE CORRELATE * Indagini sugli appalti, nuove accuse a Carboni di Giovanni Bianconi (8 luglio '10) * Il faccendiere dei misteri * L'ordinanza di arresto del Gip De Donato: "manovre sul Lodo Alfano" * In 60 pagine le motivazioni dell'ordinanza Flavio Carboni Flavio Carboni ROMA - L'imprenditore sardo Falvio Carboni è stato arrestato questa mattina dai carabinieri su ordine della magistratura romana nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti dell'eolico. Carboni, 78 anni, è stato condotto a Regina Coeli. Il suo difensore, Renato Borzone, ha definito "assurdo" l'arresto, e ha già annunciato che farà ricorso. Ma secondo la Procura di Roma Carboni, insieme con l'imprenditore campano Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi (entrambi arrestati) avrebbero costituito di una "banda segreta come la P2 per pilotare giudici e politici". L'ipotesi di reato è quella di associazione a delinquere e di violazione degli articoli 1 e 2 della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Il Gip del Tribunale di Roma, Giovanni De Donato, scrive nelle motivazioni all'ordinanza di arresto (circa 60 pagine) che i tre organizzarono "una associazione per delinquere diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti" caratterizzata "dalla segretezza degli scopi" e volta "a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali nonchè degli apparati della pubblica amministrazione". Denis Verdini (Ansa) Denis Verdini (Ansa) RIUNIONE DA VERDINI SUL LODO ALFANO - In particolare, "tra settembre e ottobre 2009" Carboni, Martino e Lombardi tentarono "di avvicinare giudici della Corte Costituzionale per influire sull'esito del giudizio sul cosiddetto lodo Alfano" (la legge che prevedeva la sospensione del processo penale per le alte cariche dello Stato). Il 23 settembre, a poche settimane dal giudizio della Corte Costituzione, ci sarebbe stata anche una riunione nella casa romana del coordinatore del Pdl, Denis Verdini (indagato per corruzione e riciclaggio), a cui presero parte, secondo i carabinieri, anche Carboni, Martino e Lombardi, oltre che il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller (capo degli ispettori del ministero della Giustizia). Secondo il gip, scopo della riunione era stabilire un tentativo di avvicinamento ai giudici della Consulta. CALIENDO SMENTISCE - "Escludo nella maniera più assoluta che durante la mia presenza alla riunione con Lombardi si sia parlato di possibili interventi presso la Corte Costituzionale". Il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, smentisce la ricostruzione dell'incontro a casa di Verdini in cui si sarebbe parlato di possibili pressioni sulla Consulta per il Lodo Alfano. "Fui invitato alla riunione -spiega Caliendo- a seguito di un convegno sul federalismo al quale avevo partecipato e con l'obiettivo di organizzarne un altro. Sono stato presente in tutto per non più di 20 minuti, si è parlato del convegno e poi sono andato in Parlamento. Escludo -ribadisce- nella maniera più assoluta che si sia parlato di possibili interventi sulla Corte Costituzionale". PRESSIONI PER LA LISTA FORMIGONI - Non solo del lodo Alfano si interessarono i tre. Quando nel marzo scorso la Lista Formigoni fu respinta dalla commissione elettorale presso la corte di appello di Milano, Martino contattò Arcibaldo Miller, per verificare la possibilità di una ispezione straordinaria in quel collegio. Alla fine quella ispezione non si fece mai. E fu Formigoni a informarne Martino, dicendo che l'ispezione si sarebbe rivelata un "boomerang" pazzesco. La Lista del presidente della Regione Lombardia fu poi ammessa dai giudici amministrativi. "UN ARRESTO ASSURDO" - "Dopo averlo solo sospettato, la lettura dell'ordinanza di sociologia giudiziaria della Autorità giudiziaria di Roma dà conferma che il nulla probatorio emerso da mesi di indagine è sfociato in un arresto assurdo e ingiustificato, tra l' altro nei confronti di un quasi ottantenne con esiti di patologie cardiache e infartuali, per un reato associativo (la cd legge Anselmi) che è la metafora della deriva delle inchieste giudiziarie di questo paese". È quanto afferma l'avvocato, Renato Borzone, difensore dell'imprenditore Flavio Carboni. "Nessuna prova di reati specifici - prosegue - ed allora si va alla ricerca di fattispecie associative addirittura risibili". I PERSONAGGI "DELLA BANDA SEGRETA COME LA P2" - Oltre a Carboni, personaggio discusso e coinvolto in molti misteri della storia repubblicana, sono stati arrestati anche il geometra Pasquale Lombardi, magistrato tributario, già esponente locale della Dc campana, ex sindaco del suo paese in provincia di Avellino (assistito dall'avvocato Corrado Oliviero) e l'imprenditore campano Arcangelo Martino. I provvedimenti cautelari in carcere, firmati dal gip Giovanni De Donato, sono stati eseguiti dai carabinieri del nucleo investigativo di Roma, coordinati dal maggiore Bartolomeo Di Niso. Martino sarà trasferito in giornata nel carcere di Napoli, mentre Carboni è già a Regina Coeli (a Roma) e Lombardi in quello di Bellizzi, in Irpinia. I reati contestati ai tre sono quelli di associazione per delinquere e violazione degli articoli 1 e 2 della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pm Rodolfo Sabelli ipotizzano che i tre siano i componenti di una superloggia segreta, punto di riferimento per pilotare politici e imprenditori. L'inchiesta della procura romana riguarda un presunto comitato d'affari che avrebbe gestito l'assegnazione di una serie di appalti pubblici in Sardegna per la realizzazione di parchi eolici. APPALTI PUBBLICI - Il fascicolo che ha portato agli arresti nasce da uno stralcio, aperto quest'anno, dell'inchiesta sugli appalti per l'eolico in Sardegna in cui sono coinvolti, tra gli altri, anche il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellaci per abuso d'ufficio e corruzione e il coordinatore del Pdl nonché deputato Denis Verdini (che si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda), per riciclaggio e corruzione. Indagati anche Ignazio Farris, presidente dell'Arpas Sardegna, Franco Piga, presidente dell'Autorità d'Ambito territoriale della Sardegna, Pinello Cossu, consigliere provinciale di Iglesias. Redazione online 08 luglio 2010
2010-06-07 LA POLEMICA PER UN ARTICOLO SU "IL GIORNALE" Lodo Alfano, l'ira del Quirinale "Estraneità a ogni discussione" Replica a "tesi calunniose e provocatorie" nei confronti del presidente dopo l'emendamento Pd sull'immunità LA POLEMICA PER UN ARTICOLO SU "IL GIORNALE" Lodo Alfano, l'ira del Quirinale "Estraneità a ogni discussione" Replica a "tesi calunniose e provocatorie" nei confronti del presidente dopo l'emendamento Pd sull'immunità Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa) Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa) MILANO - Estraneità alla discussione di proposte di legge d'iniziativa parlamentare e nessun interesse a sollecitare innovazioni sulle prerogative del Capo dello Stato. Così, in sintesi, il Quirinale interviene con una nota sul lodo Alfano e sulle ricostruzioni di stampa apparse su alcuni quotidiani, che riguardano in particolare un emendamento, presentato dal Pd e poi ritirato, volto a garantire al capo dello Stato uno scudo totale, valido anche per i reati penali. GLI ARTICOLI E LA NOTA - "Ma che ha combinato Napolitano?": è la domanda che campeggia mercoledì sulla prima pagina del Giornale accompagnata da un occhiello ("Vogliono sottrarlo alla legge") e da un sommario: "Il Pd propone di dare al presidente l’impunità totale: un voltafaccia clamoroso. E ora ci si chiede quale sia l’inconfessabile segreto che va protetto anche al prezzo di una simile figuraccia". Quindi un editoriale del condirettore Alessandro Sallusti. La reazione del Quirinale non si è fatta attendere. "La presidenza della Repubblica - si legge nella nota del Colle - resta sempre rigorosamente estranea alla discussione, nell'una o nell'altra Camera, di proposte di legge d'iniziativa parlamentare, la cui presentazione non deve - a differenza dei disegni di legge d'iniziativa governativa, ai sensi dell'art. 87 della Costituzione - essere neppure autorizzata dal Capo dello Stato". Il Quirinale precisa quindi che "ciò vale anche per la proposta di legge costituzionale (a firma del senatore Gasparri ed altri, recante disciplina dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato) attualmente in discussione alla prima Commissione del Senato della Repubblica e per qualsiasi emendamento presentato in quella sede". Quindi il riferimento diretto a due quotidiani: : "Il Giornale dopo che già ieri Il Fatto Quotidiano era intervenuto ambiguamente sull'argomento, ha tratto spunto da tale vicenda parlamentare per un sensazionalistico titolo e articolo di prima pagina, destituiti di qualsiasi fondamento, la cui natura ridicolmente ma provocatoriamente calunniosa nei confronti del Presidente della Repubblica non può essere dissimulata da qualche accorgimento ipocrita: la Presidenza non può non rilevarne la gravità". Il Presidente della Repubblica "non ha comunque nessun motivo, né personale né istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del Capo dello Stato". FELTRI - "Noi non ce l’abbiamo con il capo dello Stato Napolitano almeno in questo caso" ha spiegato Feltri replicando alle osservazioni fatte dal capo dello Stato. L'emendamento presentato dal Pd per dotare il presidente della Repubblica di uno scudo giudiziario, ha aggiunto il direttore del quotidiano, "è stato proposto dalla sinistra con argomentazioni molto simili a quelle adottate per tanti anni al fine di polemizzare con Berlusconi". E a giudizio di Feltri "il presidente della Repubblica dovrebbe indagare su questo e non prendersela con chi si limita a riferire i fatti e a interpretarli in modo corretto come abbiamo fatto noi e Il Fatto". Più in generale sul Lodo Alfano, Feltri ha concluso: "Io non so se verrà bocciato un’altra volta. Se questo avvenisse non ci sarebbe poi molto da stupirsi". Redazione online 07 luglio 2010
2010-07-01 Duello Fini-Bondi e volano parole pesanti "Non c’è il pensiero unico. Brancher? Evitare i sospetti". "Controcanto sterile. Così comunisti al governo" Il duello Duello Fini-Bondi e volano parole pesanti "Non c’è il pensiero unico. Brancher? Evitare i sospetti". "Controcanto sterile. Così comunisti al governo" ROMA — Quasi un duello, cominciato con complimenti in punta di fioretto e finito a sciabolate, con Gianfranco Fini che affonda sui casi Brancher, Cosentino, sulla "sudditanza" del partito verso la Lega, sul "diritto al dissenso" e Sandro Bondi che risponde "amareggiato", dice che il presidente della Camera sta diventando "un serio impedimento al partito" e paventa l’arrivo dei "comunisti". Le premesse di uno scontro — nel dibattito organizzato da Alessandro Campi direttore della nuova "Rivista di Politica" — ci sono tutte. Il moderatore Pierluigi Battista dà il la. Fini comincia cauto, ma getta subito qualche seme dello scontro incipiente, invitando a ripensare l’ossessione per la società civile: "La politica—dice—non è improvvisazione, non è sondaggio. Non è insultante essere professionisti della politica". A Berlusconi forse ronzano le orecchie, ma Bondi opta per un’apertura di credito: "Mettiamo da parte le cose che ci dividono e partiamo dalle cose che ci uniscono, come la riduzione dei parlamentari e la fine del bicameralismo perfetto". Fini non raccoglie, attacca la legge elettorale dei "nominati" e passa alla democrazia nel partito: "Non si può dire segui la linea sennò sei fuori. Dico una cosa un po’ cattivella, le espulsioni per eresia accadevano nei partiti non liberali, nel Pci e anche nell’Msi. Il punto è: giusto il rispetto della maggioranza, ma poi, dopo il voto, devo fare un’abiura? Qui si tratta di rivendicare il diritto al dissenso, perché una democrazia è tale se non c’è il pensiero unico". Fini chiede un congresso e attacca su unità nazionale e legalità, "valori fondanti che non possono essere messi ai voti". Bondi tira un sospirone e sorride a fatica: "Qui c’è un problema di fondo, che rischia di diventare un serio impedimento al partito unitario. La legge elettorale non è una questione dirimente, possiamo discuterne. E poi evocare sempre l’eresia, l’abiura, è sbagliato, non c’è bisogno ". Segue siparietto (Fini: "Quando Bondi comincia a darmi del lei si mette male"; Bondi: "Ma io do del lei anche a Berlusconi "). Bondi prosegue: "Non è la Lega che mette in discussione l’unità nazionale, sono le condizioni del Sud. Se marchi solo le differenze diventi un controcanto sterile, invece puoi dare un contributo al partito". A questo punto si è passati al "tu", ma Fini non è sollevato: "Sono più preoccupato di prima: mi confermi la sudditanza verso la Lega". Poi la sfida: "Quale Paese al mondo ha un sottosegretario del quale hanno chiesto l’arresto per gravi reati?". Riferimento a Nicola Cosentino. Bondi reagisce: "Un po’ di garbo, i dirigenti si difendono, si esprime solidarietà". Non per Fini: "Dobbiamo essere come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto". Affondo finale sulle critiche di Pietro Grasso (Bondi replica: "Ma non è il Vangelo") e su Brancher: "Non voglio che ci sia il sospetto che qualcuno si faccia nominare ministro per non andare in tribunale". Bondi: "Mi scoraggio, così avremmo avuto i comunisti al governo". Fini: "Ma che c’entra?". Alessandro Trocino 02 luglio 2010
2010-07-01 bersani promette battaglia: se la maggioranza insiste, avremo giornate calde Lodo Alfano allargato, sì di Bossi "Al premier qualcosa si deve" Sì del Senatùr alla proposta di estendere lo scudo per premier e ministri: "Le modifiche? Piccole cose" bersani promette battaglia: se la maggioranza insiste, avremo giornate calde Lodo Alfano allargato, sì di Bossi "Al premier qualcosa si deve" Sì del Senatùr alla proposta di estendere lo scudo per premier e ministri: "Le modifiche? Piccole cose" Umberto Bossi e Silvio Berlusconi (Emblema) Umberto Bossi e Silvio Berlusconi (Emblema) MILANO - Sulla proposta di allargare il Lodo Alfano c'è il sì di Umberto Bossi. Il leader della Lega apre infatti all'ipotesi di ampliare il ddl costituzionale, prevedendo maggiori impunità per il premier e i ministri. Queste modifiche, ha spiegato il numero uno del Carroccio "sono piccole cose: il presidente del Consiglio - ha aggiunto Bossi - deve badare a un Paese: qualcosa gli devi". La commissione Giustizia del Senato voterà martedì prossimo il parere alla commissione Affari costituzionali sul Lodo Alfano, che contiene, appunto, l'estensione dello scudo al presidente del Consiglio e ai ministri anche per i processi avviati prima dell'insediamento. NO DI PD E IDV - L'opposizione insorge. Il leader del Pd Pierluigi Bersani parla di proposta "assolutamente inaccettabile" e avverte: se la maggioranza insisterà "avremo giornate calde". "Questa continua accelerazione su norme che confliggono con la legalità e mettono in discussione la parità davanti alla legge - spiega Bersani - mette il centrodestra in una prova di forza con l’opinione pubblica che gli farà pagare un prezzo. Da parte nostra ci sarà un’opposizione radicale su questo punto e se loro insistono avremo giornate calde". Rincara la dose Anna Finocchiaro: "Il presidente Berselli vende fumo, perché la vergogna del fatto che si può applicare la sospensione anche per i processi relativi a fatti commessi prima di diventare ministro c'era già nel testo, la vergogna c'era già: Berselli sta facendo un po' di fumo.Mi pare paradossale che si nominino ministri per avere la sospensione. Però è accaduto, si è verificato qualche giorno fa con la nomina del ministro Brancher". Il leader Idv, Antonio Di Pietro, non va per il sottile. "Prima c'era l'associazione a delinquere di stampo mafioso, ora stiamo andando verso l'associazione a delinquere di tipo parlamentare, che ne è l'evoluzione" dice. I DUBBI DEI FINIANI - Forti dubbi sull'estensione del Lodo Alfano anche da parte dei finiani. "Non ho ancora visto il testo", precisa ad Affaritaliani Fabio Granata. "Noi siamo da sempre favorevoli alla possibilità di garantire a Berlusconi di governare serenamente e per questo abbiamo votato in modo convinto il legittimo impedimento. Devo dire però che non ci sembra una grande emergenza della nazione quella di parlare soltanto di lodi, intercettazioni e provvedimenti simili". INTERCETTAZIONI E FEDERALISMO - A margine della firma di patti per la sicurezza a Varese, ha affrontato anche il tema delle intercettazioni: "troveremo la mediazione", ha detto, fra le esigenze della gente di non essere intercettata e quelle della magistratura di indagare. Quanto al federalismo, il leader del Carroccio ha spiegato: "Le Regioni ci chiedono, come tutti gli enti locali, di accelerare. A luglio daremo le cifre per le Regioni dopo aver dato quelle dei Comuni. Proprio ai Comuni andranno i tributi relativi agli immobili, non è roba da poco. Ci saranno poi anche i tributi propri delle Regioni". Redazione online 01 luglio 2010
berselli: "ingiusto un diverso trattamento rispetto al capo dello stato" Lodo Alfano, allo studio l'estensione dello scudo per il presidente del Consiglio La proposta è contenuta nel parere che la commissione Giustizia del Senato darà agli Affari costituzionali * NOTIZIE CORRELATE * Lodo Alfano, la maggioranza presenta lo "scudo" per le alte cariche (12 maggio 2010) * Pronto il ddl costituzionale (28 aprile 2010) * Legittimo impedimento, Napolitano promulga il ddl (7 aprile 2010) berselli: "ingiusto un diverso trattamento rispetto al capo dello stato" Lodo Alfano, allo studio l'estensione dello scudo per il presidente del Consiglio La proposta è contenuta nel parere che la commissione Giustizia del Senato darà agli Affari costituzionali Silvio Berlusconi (Ap) Silvio Berlusconi (Ap) MILANO - In arrivo modifiche per il Lodo Alfano: l'idea è di estendere ulteriormente lo scudo per il premier prevedendo che la sospensione possa valere anche per i processi cominciati prima dell'assunzione della carica. Il Pdl vorrebbe estenderla al presidente del Consiglio e ai ministri, mentre nel testo attuale vale solo per il capo dello Stato. La proposta è contenuta nel parere sul Lodo che la commissione Giustizia del Senato, presieduta da Filippo Berselli, dovrebbe consegnare giovedì a quella degli Affari costituzionali. "Del resto - spiega lo stesso Berselli che ha messo a punto il parere - sarebbe stato un diverso trattamento tra il capo dello Stato e il presidente del Consiglio e non sarebbe stato giusto. Così la proposta è quella di uniformare il trattamento riservato al presidente della Repubblica anche al premier e ai ministri". "ERRORE NEL TESTO" - Nel testo attuale si prevede che lo scudo possa valere nei confronti del presidente della Repubblica "anche in relazione a fatti antecedenti all'assunzione della carica". "Ma questa formulazione, per un errore di chi ha messo a punto il testo - sottolinea Berselli -, non era stata estesa al presidente del Consiglio e ai ministri". "E ora - sottolinea - nel parere che stiamo per presentare cerchiamo di ovviare a questa disparità di trattamento". Se il parere della commissione Giustizia verrà accolto lo scudo per il premier e per i ministri si potrebbe estendere ulteriormente e la sospensione scatterebbe anche per i processi cominciati prima dell'assunzione dell'incarico. "Proponiamo di introdurre anche altre modifiche, come quella che riguarda la sostituzione del termine "procedimento" con "processo". Ma tutti gli altri rilievi sono più che altro di carattere tecnico" ha concluso Berselli. PD: DECISIONE SCONCERTANTE - "La decisione di modificare il Lodo Alfano per estendere ulteriormente lo scudo al presidente del Consiglio e ai ministri è davvero sconcertante": questo il commento del capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti. "Questa decisione - aggiunge - dimostra qualora ce ne fosse stato bisogno, che non si tratta di un provvedimento con nobili intenzioni. Ripeto, è tutto molto sconcertante" (Ansa)
30 giugno 2010(ultima modifica: 01 luglio 2010)
IL disegno di legge costituzionale Lodo Alfano, la maggioranza presenta lo "scudo" per le alte cariche Anche la Lega Nord ha deciso di sottoscriverlo dopo un incontro con il gruppo del Pdl IL disegno di legge costituzionale Lodo Alfano, la maggioranza presenta lo "scudo" per le alte cariche Anche la Lega Nord ha deciso di sottoscriverlo dopo un incontro con il gruppo del Pdl MILANO - Il gruppo parlamentare del Popolo della Libertà al Senato ha presentato un disegno di legge costituzionale recante disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato. I FIRMATARI - Dopo un incontro con il gruppo del Pdl, anche la Lega Nord ha deciso di sottoscrivere il ddl. Pertanto, primi firmatari sono i senatori Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello, Federico Bricolo, Roberto Centaro, Domenico Benedetti Valentini. Il testo del disegno di legge è consultabile dal portale internet del gruppo Pdl al Senato all'indirizzo www.pdlsenato.it. IL COMMA 1 - "Quando l'autorità giudiziaria esercita l'azione penale nei confronti del presidente della Repubblica, anche in relazione a fatti antecedenti alla assunzione della carica, ne dà immediata comunicazione al Senato, trasmettendo gli atti del procedimento". Entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione, nel corso dei quali il procedimento è sospeso, "il Parlamento in seduta comune dei suoi membri può disporre la sospensione del processo". È quanto prevede il comma 1 del primo articolo del ddl costituzionale presentato al Senato dalla maggioranza in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato. Per quanto riguarda il presidente del Consiglio e i ministri, invece, "l'autorità giudiziaria dovrà darne comunicazione alla Camera di appartenenza "trasmettendo gli atti dee procedimento". In caso non siano membri del parlamento la comunicazione dovrà essere fatta al Senato. Anche in questi casi il procedimento è sospeso per 90 giorni entro i quali Camera o Senato dovranno pronunciarsi. Esclusi dallo "scudo", invece, i presidenti di Camera e Senato. Il ddl firmato dai capigruppo del Senato di Pdl e Lega prevede che "la sospensione del processo opera per l'intera durata della carica o della funzione". Sospesa anche la prescrizione del reato. L'articolo 2 stabilisce che le norme "si applicano ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore". (Fonte: Dire) 12 maggio 2010
Non prevede nessuna modifica della Carta Lodo Alfano: pronto il ddl costituzionale Prevede lo scudo giudiziario per il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio e i ministri Non prevede nessuna modifica della Carta Lodo Alfano: pronto il ddl costituzionale Prevede lo scudo giudiziario per il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio e i ministri Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano (Lapresse) Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano (Lapresse) ROMA - Sarà un disegno di legge (ddl) di rango costituzionale, ma non prevede nessuna modifica della Costituzione, il provvedimento messo a punto dal Pdl in sostituzione del Lodo Alfano. Il ddl è di tre articoli e prevede lo scudo giudiziario per il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio e i ministri. Sarà presentato ad horas e reca le firme del capogruppo Maurizio Gasparri e del vicario Gaetano Quagliariello. PROVVEDIMENTO - Il ddl prevede che il procedimento giudiziario vada comunque avanti. Il magistrato, sempre secondo quanto si apprende, deve invece comunicare alla Camera di appartenenza (Senato o Camera) del parlamentare o del ministro l'avvio del processo. La Camera ha 90 giorni di tempo per decidere se accogliere la richiesta o disporre la sospensione del processo fino al termine del mandato. Il ddl prevede altresì che sarà il Senato, nel caso di un ministro tecnico, la Camera di riferimento per la decisione. Dal provvedimento sono rimasti esclusi, rispetto all'originale Lodo Alfano, le figura dei presidenti di Camera e Senato per rispondere all'obiezione della Corte costituzionale secondo cui lo scudo giudiziario, a quel punto, doveva essere esteso anche ai parlamentari. (fonte: Ansa) 28 aprile 2010
via libera al disegno di legge approvato in via definitiva il 10 MARZO scorso Legittimo impedimento, Napolitano promulga il ddl Scudo processuale di 18 mesi per il presidente del Consiglio e per i ministri. Di Pietro:ora il referendum via libera al disegno di legge approvato in via definitiva il 10 MARZO scorso Legittimo impedimento, Napolitano promulga il ddl Scudo processuale di 18 mesi per il presidente del Consiglio e per i ministri. Di Pietro:ora il referendum Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Emblema) Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Emblema) MILANO - Sul legittimo impedimento c'è la firma di Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha infatti promulgato il disegno di legge che prevede lo scudo processuale di 18 mesi per il presidente del Consiglio e per i ministri. Il provvedimento, approvato in via definitiva dal Senato il 10 marzo scorso, entra in vigore con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. A quanto si apprende in ambienti del Quirinale, punto di riferimento del capo dello Stato è rimasto il riconoscimento - già contenuto nella sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004 - dell'"apprezzabile interesse" ad assicurare "il sereno svolgimento di rilevanti funzioni" istituzionali, interesse "che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali di diritto". In questo quadro la legge approvata dalle Camere il 10 marzo scorso è - secondo le fonti del Colle - apparsa rivolta a "tipizzare" l'impedimento legittimo disciplinato dall'art. 420-ter del Codice di procedura penale, che la legge espressamente richiama, in un contesto di leale collaborazione istituzionale tra autorità politica e autorità giudiziaria. "GRAZIE AL CAPO DELLO STATO" - Soddisfatti governo e maggioranza per la firma del capo dello Stato. Durante l'ufficio di presidenza del Pdl Silvio Berlusconi ha voluto ringraziare Napolitano "Ora avremo tre anni per governare in modo sereno", ha spiegato il premier secondo quanto viene riferito. "Il legittimo impedimento è un atto di giustizia e non di protervia politica" è stato il commento del ministro Gianfranco Rotondi. BONDI E LA PROCURA DI MILANO - Sul legittimo impedimento però i pm milanesi titolari dei processi che vedono imputato Silvio Berlusconi, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, hanno concordato da tempo la linea da seguire in diversi incontri avuti con il capo della procura Manlio Minale: i magistrati sarebbero orientati a solleveranno la questione di costituzionalità di fronte alla Consulta. Una ipotesi che sembra trovare conferma nelle parole del coordinatore del Pdl Sandro Bondi, secondo il quale "la decisione della Procura di Milano manifesta sostanzialmente una proterva mancanza di rispetto nei confronti delle Istituzioni democratiche e un disperato tentativo di modificare il corso politico positivo del dopo elezioni". "Oggi il capo dello Stato con la sua firma ha riconosciuto che non vi sono evidenti segni di incostituzionalità" ha detto a tal proposito il presidente del Consiglio. "Sono stato assediato da una certa magistratura, soprattutto dalla magistratura milanese" ha aggiunto il premier. "Su di me - ha detto - sono state dette cose che non stanno nè in cielo nè in terra ed io sono estraneo a qualsiasi accusa mi sia stata mossa. L'ho giurato e lo giuro sui miei figli" IDV SUL PIEDE DI GUERRA - Contro il legittimo impedimento insorge intanto dal canto suo Antonio Di Pietro. "Cosa fatta capo ha" ha detto a caldo il leader dell'Italia dei Valori. "Per quanto ci riguarda - ha annunciato l'ex pm - non perderemo neppure un momento a disquisire di chi sia la colpa e, soprattutto, a chi giovi questo provvedimento che riteniamo incostituzionale e immorale. Per questo, chiederemo direttamente ai cittadini, tramite referendum, come abbiamo fatto con il lodo Alfano, se sono d'accordo sul fatto che in uno stato di diritto, come riteniamo debba essere il nostro, si possa accettare che alcune persone non vengano sottoposte a processo come succede a tutti gli altri cittadini quando vengono accusati di aver commesso un reato". Il Pd esprime "pieno rispetto per la decisione del presidente Napolitano" ma, ha commentato Andrea Orlando in una nota, "restano inalterati tutti i motivi politici che ci hanno fatto dire no, in Parlamento e nel Paese, alla legge sul legittimo impedimento". "Si tratta di un provvedimento, l'ennesimo - ha sottolineato il responsabile giustizia del Pd - che prova come il governo e la maggioranza si muovano non nell`interesse degli italiani e delle istituzioni ma solo per difendere il premier dai processi". "È ufficiale. Per l'ennesima volta il governo e la maggioranza colpiscono a morte la giustizia italiana per consentire a Berlusconi di eludere i processi in cui è coinvolto" ha aggiunto il senatore del Pd Giuseppe Lumia. Per Orazio Licandro, della segreteria nazionale del Pdci - Federazione della sinistra, il legittimo impedimento "è un privilegio. La controfirma del Presidente della Repubblica non aggiunge e non toglie nulla a questo provvedimento, che rappresenta una brutta pagina di civiltà giuridica e politica per il nostro Paese" ha detto. Per il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone "Napolitano si conferma un garante ineccepibile. Chi sperava di usare l'arma giudiziaria come strumento improprio per ostacolare l'attività di un governo democraticamente scelto dagli italiani è rimasto ancora una volta deluso. Quanto a Di Pietro, è ormai un disperato politico - ha aggiunto Capezzone -: continua a solleticare gli istinti più aggressivi di una piccola minoranza di antiberlusconiani ossessionati, inchiodando la sinistra a posizioni indifendibili e strutturalmente minoritarie e marginali. Contenti loro...". DUE ARTICOLI - Due gli articoli del provvedimento che consentirà "al presidente del Consiglio dei ministri e ai ministri il sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite dalla Costituzione e dalla legge": l’articolo 2 riguarda il carattere di "legge ponte", cioè l’applicazione della nuova norma "fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale" e fissa inoltre l’entrata in vigore della nuova norma sul legittimo impedimento al giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il testo prevede che le attribuzioni previste dalla legge che disciplina l’attività di governo e della presidenza del Consiglio, dal regolamento interno del Consiglio dei ministri, le relative attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque "coessenziale" alle funzioni di governo costituiscano legittimo impedimento per il premier a comparire alle udienze penali che lo vedono imputato (non a quelle in cui è parte offesa). Stesso trattamento vale per i ministri. Sarà Palazzo Chigi ad autocertificare l’impedimento. "Ove la presidenza del Consiglio dei ministri - recita il testo - attesti che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo ad udienza successiva al periodo indicato. Ciascun rinvio non può essere superiore a sei mesi". Il corso della prescrizione rimane sospeso per l’intera durata del rinvio. La legge si applica anche "ai processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, alla data della entrata in vigore della legge". Redazione online 07 aprile 2010(ultima modifica: 08 aprile 2010)
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2010-06-07 QUIRINALE Lodo Alfano, il Colle non ci sta "Nessun interesse personale" La reazione di Napolitano dopo gli articoli del Fatto e del Giornale su un emendamento (presentato dal Pd e poi ritirato) per dare "impunità totale" al capo dello Stato. "Sul quotidiano di Feltri tesi ridicole e calunniose". La replica: "Il presidente chieda conto al Pd" Lodo Alfano, il Colle non ci sta "Nessun interesse personale" ROMA - "La Presidenza della Repubblica resta sempre rigorosamente estranea alla discussione di proposte di legge d'iniziativa parlamentare, la cui presentazione non deve essere neppure autorizzata dal Capo dello Stato". E' secca la nota del Quirinale dopo gli articoli del Giornale e del Fatto a proposito di un emendamento (presentato dal Pd e poi ritirato) per dare "impunità totale" al Colle nell'ambito del Lodo Alfano. "Ciò - sottolinea infatti la nota - vale anche per la proposta di legge costituzionale (a firma del senatore Gasparri ed altri, che disciplina dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato) attualmente in discussione alla prima Commissione del Senato della Repubblica e per qualsiasi emendamento presentato in quella sede". Tutto nasce da un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano di ieri dove si dava conto di un emendamento a firma del senatore democratico Stefano Ceccanti che prevedeva, per il presidente della Repubblica, uno scudo totale per i reati penali. Immediata la retromarcia del Pd. Ma stamattina il berlusconiano Giornale alza i toni: "Vogliono sottrarlo alla legge. Che ha combinato Napolitano?", spara il quotidiano diretto da Vittorio Feltri. La tesi è riassunta nel sommario: ''Il Pd propone di dare al presidente l'impunità totale: un voltafaccia clamoroso. E ora ci si chiede quale sia l'inconfessabile segreto che va protetto anche al prezzo di una simile figuraccia''. Troppo per Napolitano. Che nella nota parla di titolo e notizie "destituiti di qualsiasi fondamento, la cui natura ridicolmente ma provocatoriamente calunniosa nei confronti del presidente della Repubblica non può essere dissimulata da qualche accorgimento ipocrita: la presidenza non può non rilevarne la gravità". Napolitano, chiude la nota, non ha "nessun motivo, né personale né istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del Capo dello Stato". E a stretto giro di posta arriva la replica del direttore del Giornale, Vittorio Feltri, secondo il quale "Napolitano dovrebbe chiedere spiegazioni a coloro i quali hanno presentato l'emendamento e l'hanno ritirato subito dopo che Il Fatto ha reso nota la vicenda". (07 luglio 2010)
Intercettazioni, Pdl apre ai cambiamenti da Berlusconi nuovi attacchi a Fini Vertice a palazzo Grazioli. Il ministro degli Esteri: "Il testo non è intoccabile". Il premier: "Fini non esiste più". Il Popolo della libertà chiederà uno slittamento del termine per la presentazione degli emendamenti Intercettazioni, Pdl apre ai cambiamenti da Berlusconi nuovi attacchi a Fini ROMA - "Il testo sulle intercettazioni non è intoccabile, terremo conto delle perplessità del Quirinale". E' il ministro degli Esteri Franco Frattini a riassumere i contenuti del vertice dello stato maggiore del Pdl sulle intercettazioni. Sì alle modifiche chieste dal presidente della Repubblica e apertura anche ai 'desiderata' dei magistrati ma nessun cambio in vista riguardo alle norme sugli editori. "La privacy va difesa ad ogni costo", la linea emersa oggi, alla vigilia dello sciopero indetto dai giornalisti. Il premier, dunque, cerca la strada dell'intesa con il Colle ma questa mattina non c'è stato alcun confronto tra il capo del governo e Napolitano sul provvedimento. Il Quirinale da giorni chiede che la maggioranza si assuma le sue responsabilità e, viene spiegato, non fornirà indicazioni in merito. Frattini comunque si è detto convinto che "lavorando fino al 5 agosto è possibile il varo del ddl. E' inutile lasciare appesa una cosa per così tanto tempo". Intanto la consulta Giustizia del partito ha deciso di chiedere uno slittamento del termine per la presentazione degli emendamenti in commissione. Il Pdl vuole avere più tempo per presentare delle modifiche al testo in discussione alla Camera. Ma l'apertura a possibili emendamenti non basta alle opposizioni. "Se a farsi portavoce del vertice del pdl è addirittura il ministro degli esteri - dichiara la capogruppo del pd nella commissione giustizia della camera, donatella ferranti- vuol dire che la rottura interna alla maggioranza assume ormai una dimensione internazionale. Non si comprende in ogni caso con quale titolo frattini pensa di poter dettare i tempi al parlamento. Sull'apertura alle modifiche auspichiamo che il ministro abbia consapevolezza che, anche nel corso delle recenti audizioni, le perplessità emerse sono radicali e toccano il cuore del provvedimento e non possono essere tradotte in piccoli interventi di inutile maquillage, servono cambiamenti radicali". Durante la riunione si è discusso anche del problema rappresentato dal presidente della Camera e dalle tante correnti nel quale si sta dividendo il Pdl. Secondo l'Agi Berlusconi avrebbe detto: "Fini non esiste più" e starebbe studiando "l'isolamento totale" del cofondatore per poi valutare in quale modo arrivare alla separazione. In ogni caso non ci sarebbero per il momento atti concreti per la rottura. E sull'argomento ha scritto un articolo anche il Financial Times. "Berlusconi entra in acque pericolose" è il titolo dell'editoriale che fotografa bene la delicata situazione politica italiana. Chiedendosi se il governo Berlusconi stia giungendo prematuramente alla sua fine, il quotidiano finanziario britannico sottolinea come "al cuore delle difficoltà" del presidente del consiglio, c'è "un semplice fatto: alcuni dei suoi più importanti alleati di governo stanno seriamente sfidando la sua leadership". (07 luglio 2010)
2010-06-01 Lodo Alfano, Bersani: "Uno scandalo" I finiani: "Non è una priorità" L'opposizione attacca la nuova versione che fa valere il provvedimento anche per i procedimenti iniziati prima dell'assunzione della carica. Di Pietro: "Associazione a delinquere di tipo parlamentare". Bossi: "Qualcosa al premier bisogna dare" Lodo Alfano, Bersani: "Uno scandalo" I finiani: "Non è una priorità" ROMA - "La trovo una impostazione scandalosa. Credo che la maggioranza sia stata presa da una frenesia dalla quel deve guardarsi". Il segretario del Pd Pierluigi Bersani boccia duramente la nuova versione del lodo Alfano costituzionale che fa valere il provvedimento anche per i procedimenti iniziati prima dell'assunzione della carica 1. "Una impostazione così oltranzista sui temi della legalità e della parità della condizione dei cittadini davanti alla legge - spiega Bersani - li farà sbattere contro un muro: l'opinione pubblica non può accettare questo percorso". Furioso Antonio Di Pietro che si affida ai soliti toni ad effetto. "Siamo passati dall'associazione a delinquere di tipo mafioso a quella di tipo parlamentare, che ne è l'evoluzione della specie, ovvero fare le leggi per non farsi processare" dice il leader Idv. Ma non è solo l'opposizione a sollevare dubbi. In particolare sull'estesione del lodo ai ministri. "Non ci sembra una grande emergenza della nazione quella di parlare soltanto di lodi, intercettazioni e provvedimenti simili. Soprattutto in una situazione economica come questa e un'Italia dove le mafie fatturano 120 miliardi all'anno. Quindi credo che non sia una grande emergenza" dice il finiano Fabio Granata. La maggioranza, però, fa quadrato. "E' inspiegabile - dice il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli - la disparita' di trattamento tra il Capo dello Stato da un lato, ed il presidente del Consiglio ed i ministri dall'altra'. Poi una precisazione: ''Ad oggi si tratta di una proposta del presidente della commissione e non della maggioranza''. Mentre Umberto Bossi minimizza: "Estendere l'applicazione del lodo è una piccola cosa: il premier deve badare ad un paese e qualcosa gli devi dare". (01 luglio 2010)
INTERCETTAZIONI Berlusconi sfida Fini e il Quirinale "Intesa subito o il testo non cambia" Gli uomini del premier lanciano l'"assalto finale" al presidente della Camera: "O ci asseconda, o se ne va". L'ex leader di An sorpreso dalla forzatura: "Ma quel testo non si può votare" di LIANA MILELLA Berlusconi sfida Fini e il Quirinale "Intesa subito o il testo non cambia" Silvio Berlusconi ROMA - È il giorno della grande sfida. Di Berlusconi contro Fini. Contro il Quirinale. Contro la piazza. Per tacitare i forti dissensi interni. Per puntare, in un en plein, a portare a casa prima delle vacanze, le intercettazioni, il lodo Alfano, un nuovo vice presidente del Csm del centrodestra. Si parte con Fini, alle 9 di mattina, nella capigruppo. Si chiude col Quirinale, alle 9 di sera, nella consulta per la giustizia di Niccolò Ghedini. Con una provocazione per Napolitano raccontata così: "Gli abbiamo chiesto in tutti i modi di indicarci le modifiche. Ma lui non vuole segnalarcele. E allora noi andremo avanti con il testo così com'è, facendo al massimo qualche lieve modifica. E poi succeda quel che deve succedere". Il segnale arriva ai finiani che reagiscono nell'unico modo possibile: "Se le cose stanno davvero così noi voteremo sì alla fiducia, se la mettono, ma subito dopo bocceremo il ddl". Da ieri si preparano un luglio e un agosto di fuoco. Con i berluscones all'attacco, decisi a chiudere i conti col presidente della Camera. "O dentro o fuori. O ci asseconda o se ne va. Tanto, elettoralmente, non pesa nulla". Lui non nasconde la sorpresa. Tant'è che ai suoi confida: "Ero convinto che avrebbero desistito dalla forzatura di voler mettere questo ddl a tutti i costi in calendario. C'è la manovra, c'è la crisi economica, si può andare a settembre". Percepisce il segnale ostile del Cavaliere, sente la voglia di sfida, reagisce "indignato". La sua squadra gli fa quadrato intorno. Ma Berlusconi, dicono i colonnelli, vuole "dargli una lezione" e chiudere sulle intercettazioni. La road map disegnata dall'ala dura del Pdl prevede di portare all'apice la sfida. A partire dalle modifiche. Che potrebbero essere pochissime e tali da non mutare la natura del testo, già fin troppo edulcorato per il premier. Poi il tentativo del doppio voto, nella prima settimana di agosto, prima alla Camera e poi al Senato, con una doppia fiducia. A ridosso, palazzo Madama dovrebbe licenziare per la prima lettura il lodo Alfano costituzionale, su cui Roberto Centaro, che ne ha scritto la prima versione, ha scoperto un evidente errore che avrebbe comportato il rischio di escludere dall'applicazione i processi in corso per il premier. Lo scudo avrebbe coperto il capo dello Stato, poiché nel testo è scritto che vale "anche in relazione a fatti antecedenti all'assunzione della carica". Ma poiché la stessa frase non è ripetuta per premier e ministri c'era il rischio che Berlusconi restasse scoperto. Sarà il presidente della commissione Giustizia Filippo Berselli, con un parere, a suggerire la correzione 1. L'ansia nel correggere questo dettaglio dimostra la volontà dei falchi di andare fino in fondo. Contrastando chi, all'opposto, e non solo tra i finiani, considera la strategia del Guardasigilli Alfano e dell'avvocato Ghedini del tutto perdente. Diceva ieri un dissidente: "Stiamo sbagliando tutto e ci stiamo mettendo tutti contro, basta guardare la piazza di domani, giornalisti, magistrati, società civile, un disastro". Per questo bisogna chiudere al più presto. Incassando le intercettazioni e il lodo Alfano e spuntando un accordo sul Csm. Lungamente, in un divanetto del Transatlantico, ieri hanno parlato Ghedini e il centrista Michele Vietti, disposto ad entrare nella rosa per il Consiglio solo a patto di diventarne il vice. Ma per questo serve l'appoggio di Berlusconi. Il quale, in prima battuta, vorrebbe puntare su un uomo di sua stretta fiducia, Gaetano Pecorella o Peppino Gargani. Ma qualora, com'è peraltro scontato, i togati non li votassero, quella di Vietti potrebbe diventare una candidatura di compromesso, da spendere sul piatto di un ritrovato rapporto con Casini. Ma prima di arrivare al Csm e agli otto laici che le Camere devono eleggere c'è lo scoglio degli emendamenti alle intercettazioni. Con l'incognita dei finiani e soprattutto della presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno. "Che farà lei? Presenterà delle modifiche?" si chiedeva ieri il segretario della consulta Pdl Enrico Costa. Lì può cadere il piano del Cavaliere perché se la Bongiorno e i finiani correggono le storture della legge e l'opposizione vota a favore cambia la storia del ddl, ma anche dei rapporti tra Fini e Berlusconi. E il destino del governo e della legislatura. (01 luglio 2010)
Lodo Alfano, si estende scudo premier "Sospensione per tutti i processi" Nel parere della Commissione Giustizia del Senato, la modifica che prevede la sospensione anche per i procedimenti cominciati prima dell'assunzione della carica. Nel testo attuale vale solo per il capo dello Stato e "non è giusto, è un errore di chi lo ha formulato". Il Pd: "Uno scempio della giustizia" Lodo Alfano, si estende scudo premier "Sospensione per tutti i processi" Il ministro Angelino Alfano ROMA - In arrivo dal Pdl modifiche per il Lodo Alfano. Nel parere sul Lodo che la commissione Giustizia del Senato sta per dare alla commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, c'è anche la proposta di estendere ulteriormente lo scudo per il premier, prevedendo che la sospensione possa valere anche per i processi cominciati prima dell'assunzione della carica. Estensione di cui dovrebbero godere anche i ministri e che, nel testo attuale, vale solo per il presidente della Repubblica. A stretto giro arriva la reazione dell'opposizone. "La decisione è davvero sconcertante - afferma il capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - e dimostra, qualora ce ne fosse stato bisogno, che non si tratta di un provvedimento con nobili intenzioni. Ripeto, è tutto molto sconcertante, si fa scempio della giustizia". Per Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia "un diverso trattamento tra il capo dello Stato e il presidente del Consiglio non sarebbe giusto. Così la proposta è di uniformare il trattamento riservato al presidente della Repubblica anche al premier e ai ministri". "Questa formulazione, per un errore di chi ha formulato il testo - sottolinea Berselli - non era stata estesa al presidente del Consiglio e ai ministri. Nel parere che stiamo per presentare in Prima Commissione cerchiamo di ovviare a questa disparità di trattamento". Della modifica si è parlato anche questa sera nella Consulta della giustizia del Pdl. Durante la riunione, alcuni senatori avrebbero annunciato il parere che il presidente Berselli dovrebbe presentare domani alla Commissione Affari Costituzionali. Se il parere della Commissione Giustizia verrà accolto, lo scudo per il premier e per i ministri si potrebbe estendere ulteriormente e la sospensione scatterebbe anche per quei processi cominciati prima dell'assunzione dell'incarico. "Poi proponiamo di introdurre anche altre modifiche - conclude Berselli - come quella che riguarda la sostituzione del termine 'procedimento' con 'processo'. Ma tutti gli altri rilievi sono più che altro di carattere tecnico". (30 giugno 2010)
Legge-bavaglio, blitz del Pdl "Aula a luglio". Fini: irragionevole Il ddl sarà esaminato dall'assemblea di Montecitorio dopo l'approvazione della manovra. L'ex leader di An convinto che il voto finale andrà comunque a settembre. Bossi: "Ok chiudere prima dell'estate". Insorge l'opposizione di CARMELO LOPAPA Legge-bavaglio, blitz del Pdl "Aula a luglio". Fini: irragionevole Gianfranco Fini ROMA - La legge-bavaglio torna in aula il 29 luglio. E impegnerà la Camera in un tour de force sotto la calura della prima settimana di agosto. Il premier Berlusconi è a Panama ma l'input che giunge dall'altra parte dell'Oceano è secco: sul ddl intercettazioni bisogna accelerare e provare a chiudere prima della pausa. Nonostante la protesta di piazza di oggi, nonostante i magistrati e i giornalisti, nonostante i veti interni dei finiani. Un'"impuntatura" che il presidente della Camera accetta, pur giudicandola "irragionevole". Giudizio personale, politico, che scatena la reazione aspra dei berlusconiani di prima linea. Tutto a Montecitorio lascia presagire un agosto assai caldo, con l'ultima battaglia campale tra i due fronti interni al Pdl e l'opposizione che si prepara alle barricate: "Tra manovra e intercettazioni, per la maggioranza sarà un inferno" preannuncia Dario Franceschini. Incontrando a Panama City il presidente della Repubblica, Ricardo Martinelli Berrocal - imprenditore come lui - il premier Berlusconi si lascia andare a una battuta sui politici di professione che ha tutto il sapore di essere riferita al cofondatore del Pdl. Scherza, ma neanche tanto, con Martinelli: "Veniamo entrambi dal mondo del lavoro, non siamo professionisti della politica. Nel mondo delle imprese non è come nel mondo della politica dove la parola non si mantiene quasi mai". Battute in libertà ma pronunciate poche ore dopo l'uscita del presidente della Camera Fini, per nulla soddisfatto dall'inserimento in agenda, per fine luglio, del ddl intercettazione. Un'imposizione dei capigruppo della maggioranza che la terza carica dello Stato giudica "solo un puntiglio irragionevole", dato che il voto finale, è sua opinione, slitterà comunque a settembre, dopo le modifiche che la Camera comunque apporterà. Modifiche alle quali, dopo il passaggio in commissione Giustizia, i suoi stanno già lavorando, Giulia Bongiorno in testa. Tuttavia, Fini non ha voluto osare di più, rinviando d'autorità la partita alla ripresa di settembre. Se l'avesse fatto, sarebbe "venuto meno al proprio dovere istituzionale" come ha spiegato al termine della conferenza dei capigruppo. L'accortezza non è servita comunque a evitargli gli attacchi dell'ala berlusconiana. "Fini deve essere capace di separare il proprio ruolo politico di minoranza all'interno del Pdl da quello di presidente della Camera - è l'affondo di Fabrizio Cicchitto - La terza carica dello stato deve essere super partes". Va oltre Osvaldo Napoli: "Un degrado del ruolo istituzionale, questo presidente di lotta e di governo". Bossi sta con loro: "Per la Lega va bene chiudere prima dell'estate". Va da sé che l'obiettivo del premier e della maggioranza Pdl è quello di stanare i finiani, proprio con l'accelerazione sul voto del ddl intercettazioni. Il presidente della Camera ripete che le modifiche ci saranno, perché sul testo prodotto dal Senato, per dirla con Fabio Granata, "non è possibile un accordo compromissorio, non è votabile". A questo punto, il fronte che si apre nel Pdl è duplice. Già, perché Italo Bocchino avverte che anche "sulla manovra economica servirà una cabina di regia politica che coinvolga la minoranza interna e i governatori Pdl". Bisognerà trattare anche su quella, è il messaggio. Sulle intercettazioni, per altro, la maggioranza non potrà contare sul sostegno dell'Udc, pronto a trattare, a patto però che il ddl sia "migliorato". Ma allora a cosa si deve l'ultimo blitz sul calendario? Il centrista Vietti dà voce ai boatos insistenti in Transatlantico: "Anche se esistesse il timore che venissero pubblicate nuove intercettazioni, non ci sarebbe comunque la possibilità di approvare il ddl entro l'estate". Ad ogni modo, il segretario Pd Pier Luigi Bersani preannuncia battaglia e chiede "coerenza" a Fini, contro questo "ulteriore gesto di arroganza che sfida la coscienza civile di questo Paese".
(01 luglio 2010)
L'indecenza istituzionale di MASSIMO GIANNINI L'indecenza istituzionale Silvio Berlusconi I GIURISTI inglesi dell'800 sostenevano che ci sono solo due modi per governare una società: l'opinione pubblica e la spada. Con l'affondo sulla legge che limita le intercettazioni Silvio Berlusconi li sta pericolosamente sperimentando tutti e due. Impone il bavaglio ai mass-media, per evitare che i cittadini sappiano ciò che si muove dentro e intorno al potere politico. Dispone il blitz in Parlamento, per costringerlo a votare questa legge-vergogna prima della pausa estiva. Quanto accaduto alla Camera la dice lunga sullo stato di esaltazione e insieme di confusione che anima la maggioranza e il suo leader. C'è un presidente del Consiglio che alterna episodici momenti di ragionevolezza e drammatici sprazzi di dissennatezza. Ieri sono andati in scena i secondi: il premier ha voluto a tutti i costi che la conferenza dei capigruppo di Montecitorio calendarizzasse per il 29 luglio la discussione in aula del testo sulle intercettazioni. E ci è riuscito. Con il risultato, paradossale, che il dibattito sulla legge-bavaglio finirà per intrecciarsi a quello sulla manovra economica. Con buona pace degli appelli del presidente della Repubblica, che aveva invocato senso di responsabilità e aveva chiesto ai partiti di dare la priorità assoluta alla manovra, l'unico tema che sta realmente a cuore agli italiani, e di lasciar perdere le questioni che hanno come unico effetto quello di avvelenare i pozzi del confronto parlamentare e del discorso pubblico. Una mossa pericolosa, dunque. Benzina sul fuoco, alla vigilia della manifestazione contro la legge-bavaglio organizzata oggi in diverse piazze d'Italia. In questa mossa del premier c'è un profilo di indecenza istituzionale, già ampiamente dimostrata dalle continue provocazioni contro il Quirinale. E c'è un profilo di arroganza politica, già ripetutamente esercitata attraverso i continui attacchi contro i nemici interni della maggioranza e quelli esterni dell'opposizione. Fa bene il Pd, insieme a tutte le forze che si oppongono a questo centrodestra, ad annunciare un Vietnam parlamentare, di fronte all'ennesima forzatura voluta dal capo del governo. Ma stavolta, occorre dirlo, ha fatto male il presidente della Camera ad accettare il diktat dei capigruppo della maggioranza, salvo poi far filtrare a giochi fatti la sua presa di distanza. "Una scelta irragionevole", l'ha definita Gianfranco Fini. Ma se davvero la considerava tale, avrebbe potuto e dovuto evitarla, invece che avallarla. A livello personale Fini incassa un vantaggio: smarcandosi dal Cavaliere nella forma lucra il massimo della rendita mediatica, dandogliela vinta nella sostanza non paga alcun prezzo politico. Ma a livello più generale il calcolo è ben diverso. Il giochino è a somma zero: stavolta non c'è stata alcuna "riduzione del danno" (che il co-fondatore del Pdl dice spesso di perseguire, per arginare i disastri imputabili al fondatore). Stavolta, in questa provocatoria accelerazione puntualmente benedetta da Bossi in nome del sacro federalismo, c'è solo il "danno". E rischiamo di pagarlo tutti. C'è un profilo di tutela giurisdizionale delle indagini, irrinunciabili in qualunque Stato di diritto. Non c'è da aggiungere altro, rispetto a quanto hanno denunciato durante le audizioni in Commissione giustizia di Montecitorio non solo e non tanto dalle famigerate "toghe rosse" dell'Anm, quanto piuttosto dai magistrati in prima linea. Per esempio Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia: "Il disegno di legge, con le ultime modifiche, ha peggiorato la situazione per quanto riguarda la mafia e il terrorismo, con effetti devastanti sulle indagini... Le intercettazioni ambientali non si potranno più fare nei luoghi privati di dimora perché hanno bisogno, per essere autorizzate, della dimostrazione che in quel posto si sta commettendo un reato: agli inquirenti si chiede una 'prova diabolicà impossibile da fornire". Oppure Giovandomenico Lepore, procuratore capo di Napoli: "Le limitazioni alle intercettazioni danneggiano le indagini... Difficilmente, senza le intercettazioni, avremmo potuto capire come si svolgeva il traffico di droga che ci ha appena portato all'arresto di 28 persone nel quartiere San Giovanni a Teduccio". O ancora Rosario Cantelmo, procuratore aggiunto: "In 40 giorni di osservazione sono state documentate 870 azioni di spaccio. Tutto ciò non sarebbe stato possibile con la nuova legge". O infine Antonio Ingroia, procuratore antimafia a Palermo: "Le intercettazioni sono il principale strumento di indagine contro la criminalità mafiosa, economica e politica; oggi l'80% delle indagini si basa su questo strumento... Se il ddl passasse senza modifiche si tornerebbe indietro di 40 anni". C'è un profilo di tutela costituzionale dei diritti, insopprimibili per qualunque democrazia. Lo sosteniano da settimane, anche attraverso la campagna dei post-it: la legge-bavaglio nega ai cittadini il diritto di essere informati. E l'informazione, in questo testo inemendabile, è violata in senso attivo e passivo: la legge-bavaglio nega ai mass media il diritto di informare. In nome di un'idea malintesa della privacy, e con il pretesto della difesa della riservatezza, il centrodestra opera un clamoroso sbilanciamento tra i diritti costituzionali meritevoli di tutela. Lo hanno detto e scritto i più autorevoli giuristi italiani, da Gustavo Zagrebelski a Valerio Onida. Ora lo ripete anche il Garante per la privacy Francesco Pizzetti, nella sua relazione annuale al Parlamento: "Nel ddl sulle intercettazioni si sposta oggettivamente il punto di equilibrio tra libertà di stampa e tutela della riservatezza, tutto a favore della riservatezza, e questo può giustificare che da molte parti si affermi che, così facendo, si pone in pericolo la libertà di stampa". È esattamente quello che pensiamo, al di là di tutte le risibili distorsioni ermeneutiche in cui si sono cimentati i cortigiani del Pdl. Ed è confortante che a ribadirlo sia il presidente di un'Authority, proprio nel momento in cui Berlusconi e il suo "cardinal Mazzarino" (l'immarcescibile Gianni Letta) usano queste istituzioni amministrative indipendenti come "succursali" governative in cui spartire e moltiplicare poltrone, a beneficio della solita "cricca" dei grand commis di regime. Per tutte queste ragioni, la legge-bavaglio non può e non deve passare, nonostante i colpi di spada del presidente del Consiglio e i suoi dissennati appelli a scioperare contro i giornali. "Un giornalismo onesto e indipendente è la forza più possente che la civiltà moderna abbia sviluppato. Malgrado i suoi errori è indispensabile alla vita delle persone libere. Le frontiere del privilegio costituzionale della stampa sono tanto ampie quanto il pensiero umano...". Lo scrisse un secolo fa Alton Parker, giudice supremo della Corte d'Appello di New York. Un magistrato di enorme spessore, che contribuì a fare grande la democrazia americana. Una "toga" che Berlusconi, oggi, definirebbe senz'altro una "metastasi". (01 luglio 2010)
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it/2010-06-08 Per il Gip, la loggia di Carboni voleva influenzare la Consulta sul Lodo Alfano Cronologia articolo8 luglio 2010 * Articoli * * * * Storia dell'articolo Chiudi Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 11:42. * * * * Una superloggia segreta guidata dall'imprenditore Flavio Carboni, tra settembre e ottobre 2009, tentò di avvicinare giudici della Corte costituzionale allo scopo di influire sull'esito del giudizio sul cosiddetto Lodo Alfano, la legge che prevedeva la sospensione del processo penale per le alte cariche dello stato. Lo afferma il gip Giovanni De Donato, nell'ordinanza con cui ha disposto l'arresto per Carboni, per Pasquale Lombardi, ex esponente della Dc e l'imprenditore napoletano, e per Arcangelo Martino nell'ambito dell'inchiesta sull'eolico in Sardegna. Ai tre arrestati viene contestata l'accusa di associazione per delinquere e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. "Una associazione per delinquere - scrive il gip - diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti" caratterizzata "dalla segretezza degli scopi" e volta "a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali nonché degli apparati della pubblica amministrazione". Il 23 settembre dello scorso anno, a pochi giorni dal giudizio della Corte Costituzionale sul lodo Alfano, secondo il gip avvenne una riunione nell'abitazione romana del coordinatore del Pdl, Denis Verdini, per stabilire un tentativo di avvicinamento ai giudici della consulta. All'incontro era invitato anche lo stesso Carboni, il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, oltre ad Arcangelo Martino e Raffaele Lombardi. La contropartita chiesta per tale attività di lobby è la candidatura di Nicola Consentino alla Regione Campania, come esplicitato in una telefonata di Lombardi allo stesso sottosegretario. Il tentativo di influire sul giudizio di costituzionalità del lodo Alfano non va però a buon fine. Il 7 ottobre 2009 la Corte boccia il provvedimento, suscitando le ire di Carboni e Martino, che accusano Lombardi del fallimento e della figuraccia fatta con i propri referenti politici, a partire da Verdini. Il Gip inoltre afferma che tra la fine del 2009 e febbraio del 2010, in vista delle elezioni regionali, i tre arrestati si impegnarono al fine di ottenere la candidatura dell'attuale sottosegretario all'Economia. Questi però fu raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere perché accusato di concorso esterno in associazione mafiosa dal gip Raffaele Piccirillo. I tre allora cercarono di favorire un rapido accoglimento del ricorso proposto contro tale misura, grazie al rapporto esistente fra Lombardi e il presidente di Corte di Cassazione, nel tentativo di recuperare la sua candidatura di Cosentino. Il ricorso fu tuttavia rigettato. A questo punto il gruppo guidato da Carboni avviò, secondo il Gip, un'intensa attività diretta a screditare il nuovo candidato del Pdl alla presidenza della regione Campania, Stefano Caldoro, nel tentativo di escluderlo dalla competizione elettorale, anche diffondendo all'interno del partito e su Internet, notizie diffamatorie sul suo conto. Per il gip i tre hanno "sviluppato una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura e della politica da sfruttare per i fini segreti del sodalizio e ciò anche grazie alle attività di promozione di convegni e incontri di studio realizzate tramite una associazione denominata "Centro studi giuridici per l'integrazione europea Diritti e Libertà"". L'associazione era gestita da Lombardi in qualità di segretario e da Martino quale responsabile dell'organizzazione. La struttura, scrive il gip, era "di fatto finanziata e gestita in modo occulto da Carboni". Per il magistrato i tre "approfittavano delle conoscenze per acquisire informazioni riservate e influire sull'esercizio delle funzioni pubbliche rivestite dalle personalità avvicinate dai membri dell'associazione" Gli altri episodi contestati sono: il tentativo, a partire da luglio del 2009, di accaparrarsi appalti per la produzione di energia eolica in Sardegna; le attività di interferenza nei confronti di componenti del Consiglio superiore della magistratura per la nomina, ad alcune cariche direttive, di magistrati graditi al sodalizio, tra cui Alfonso Marra, aspirante alla carica di presidente della Corte di Appello di Milano; le attività per influire sull'esito del ricorso presentato dalla lista "Per la Lombardia" del presidente Roberto Formigoni contro l'esclusione dalle regionali (intervento operato tramite l'intervento di Lombardi sul magistrato Alfonso Marra, appena insediato alla Corte d'Appello di Milano, ma senza esito); l'intervento su rappresentanti del ministero della Giustizia, dopo il respingimento del ricorso della "Lista per la Lombardia", per sollecitare una ispezione straordinaria nei confronti dei magistrati del collegio che aveva esaminato il ricorso (tentativo fallito a causa dell'opposizione dei vertici del ministero). La difesa di Carboni: arresto assurdo e ingiustificato.
2010-06-07 Lodo Alfano, il Quirinale: "Estranei a legge ed emendamenti" "La Presidenza della Repubblica resta sempre rigorosamente estranea alla discussione, nell'una o nell'altra Camera, di proposte di legge d'iniziativa parlamentare, la cui presentazione non deve (a differenza dei disegni di legge d'iniziativa governativa, ai sensi dell'art. 87 della Costituzione) essere neppure autorizzata dal Capo dello Stato": lo afferma una nota del Quirinale in relazione a quanto scrive oggi 'Il Giornale' e ieri 'Il Fatto' a proposito di un emendamento per dare "impunità totale" al Colle nell'ambito del Lodo Alfano. "Ciò - sottolinea infatti la nota - vale anche per la proposta di legge costituzionale (a firma del senatore Gasparri ed altri, recante disciplina dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato) attualmente in discussione alla prima Commissione del Senato della Repubblica e per qualsiasi emendamento presentato in quella sede". Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha "nessun motivo, né personale né istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del Capo dello Stato". "Ciò nonostante - prosegue il comunicato del Quirinale - il quotidiano 'Il Giornale' (dopo che già ieri 'Il Fatto Quotidiano' era intervenuto ambiguamente sull'argomento) ha tratto spunto da tale vicenda parlamentare per un sensazionalistico titolo e articolo di prima pagina, destituiti di qualsiasi fondamento, la cui natura ridicolmente ma provocatoriamente calunniosa nei confronti del Presidente della Repubblica non può essere dissimulata da qualche accorgimento ipocrita: la Presidenza non può non rilevarne la gravità". "Il Presidente della Repubblica non ha comunque nessun motivo, nè personale nè istituzionale, per sollecitare innovazioni alla normativa vigente, quale è sancita dalla Costituzione, sulle prerogative del Capo dello Stato", conclude la nota del Colle. Il quotidiano milanese, in prima pagina, sopra un grande primo piano di Giorgio Napolitano, titola "Ma che ha combinato Napolitano?", con nell'occhiello: "Vogliono sottrarlo alla legge". Nel sommario si sostiene: "Il Pd propone di dare al Presidente l'impunità totale: un voltafaccia clamoroso. E ora ci si chiede quale sia l'inconfessabile segreto che va protetto anche al prezzo di una simile figuraccia". L'articolo, che affronta la questione della presentazione di un emendamento al Lodo Alfano a firma dei pd Stefano Ceccanti e Felice Casson, è firmato dal vicedirettore Alessandro Sallusti e comincia: "Che cosa avrà mai combinato di così grave e inconfessabile il presidente Giorgio Napolitano? A nostro avviso, nulla. Secondo il Pd, invece, l'inquilino del Colle potrebbe presto incappare in qualche problema giudiziario, tanto da chiedere una legge che lo protegga in modo tombale". L'argomento è trattato dall'intera pagina 3, dove prosegue l'articolo di Sallusti e dove un altro articolo di taglio basso titola: "Il Pd smascherato ritira subito il superscudo per il presidente". 07 luglio 2010
Il lodo Alfano e la cultura del sospetto di Stefano Ceccantitutti gli articoli dell'autore Tutte le riforme costituzionali sono scomparse. Rimane solo il lodo costituzionale perché il legittimo impedimento dura al massimo fino a ottobre 2011. In Senato si voterà già prima della pausa estiva. Saremo poi trascinati al referendum. Voteremo contro perché l’idea di costruire una legge costituzionale ad personam è di per sé sbagliata. Il lavoro parlamentare ha però una sua logica. Si presentano anche emendamenti di "riduzione del danno". Se si leggono in modo prevenuto sembrano compromessi deteriori, ma il punto è non perdere il filo. È evidente che nel comma che prevede lo scudo per il Presidente del Consiglio e i ministri presentiamo sia l’emendamento che lo toglie a tutti, sia quello che lo toglie solo ai ministri. Presentare il secondo vuol dire giustificare lo scudo al Presidente del Consiglio? No di certo, significa almeno evitare nuovi Brancher. I grandi gruppi di opposizione fanno così ovunque, faceva lo stesso il Pci anche nei momenti di più aspra contrapposizione. Se ne è persa la consapevolezza? Lavoriamo per ricostruirla perché altrimenti facciamo testimonianza, non esercitiamo la nostra responsabilità che vuol dire farsi carico anche del caso peggiore in cui la legge sia approvata. Ieri è emersa una critica. Per il Presidente della Repubblica il testo si affida alla semplice maggioranza. Si crea un anomalo rapporto fiduciario. Contro quel male dai gruppi di opposizione sono venute varie forme di riduzione del danno. Poteva rientrare anche l’improcedibilità del solo Capo dello Stato per il periodo del suo mandato? Sì, senza che ciò potesse in alcun modo servire come alibi per altri. Appare così tassativo l’enunciato dell’articolo 90 per i reati funzionali che vasta parte della dottrina interpreta già così il sistema oggi vigente. Nella prassi, così decise la procura di Roma in relazione al Presidente Scalfaro. Fanno così, solo per la figura del Capo dello Stato, le Costituzioni greca, portoghese, israeliana e francese: lo hanno spiegato autorevoli costituzionalisti come "male minore". Si sono profilate delle incomprensioni. Lo abbiamo ritirato perché poteva sembrare che assumessimo quella come ipotesi principale. I costi rischiavano di essere superiori ai benefici. Però l’occasione deve servire a riflettere a freddo perché ne va del nostro modo di essere. Il ruolo di un’opposizione non testimoniale è anche quello di ridurre responsabilmente il danno, senza che questo meriti l’esercizio sproporzionato della cultura del sospetto. 07 luglio 2010
Premier a Colle: Il "Giornale" è un problema "Non so cosa posso fare... Per me "il Giornale" da tempo è diventato un problema, ma non si riesce a venderlo". Sono queste, secondo quanto si apprende da fonti ministeriali, le parole che Silvio Berlusconi ha usato per scusarsi questa mattina con il Capo dello Stato. Il "Giornale" questa mattina si chiedeva cosa abbia potuto commettere Napolitano perché alcuni senatori del Pd presentassero un emendamento al Lodo Alfano che prevede che il Capo dello Stato non possa essere perseguito per violazioni alla legge penale.
Da qui la reazione del Colle: "La Presidenza della Repubblica resta sempre rigorosamente estranea alla discussione di proposte di legge d'iniziativa parlamentare, la cui presentazione non deve essere neppure autorizzata dal Capo dello Stato". Nella nota diramata dal Quirinale si sottolineava che ciò "vale anche per la proposta di legge costituzionale (a firma del senatore Gasparri ed altri, che disciplina dei processi nei confronti delle alte cariche dello Stato) attualmente in discussione alla prima Commissione del Senato della Repubblica e per qualsiasi emendamento presentato in quella sede". Questa mattina - secondo le stesse fonti - il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica, nella riunione del Consiglio supremo di Difesa, non hanno parlato del ddl sulle intercettazioni. 07 luglio 2010
2010-06-02 Silenzio Brancher di G.M. Bellu di Giovanni Maria Bellututti gli articoli dell'autore Era stato un grande atto di responsabilità e anche di prudenza. E ne va dato atto al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Aveva portato dentro il governo un suo ex dipendente sotto processo per appropriazione indebita, ma si era premurato di nominarlo ministro "senza portafoglio". Per la tranquillità di tutti. Purtroppo, e ce ne duole, tanta sensibilità istituzionale non è stata premiata. Anzi il premier è ora costretto a sopportare una nuova figuraccia. È davvero troppo. E siamo certi che Aldo Brancher - ministro senza portafoglio e senza pazienza - avrà la cazziata che si merita. Anche se, nella sua indulgenza, alla fine il premier lo perdonerà e non li toglierà da sotto il sedere la poltrona ministeriale. Se non altro perché nessuno ancora sa quale poltrona sia (ministro del "federalismo"? Del coordinamento spaziotemporale? Dei giunti cardanici?). E pochissimi, d'altra parte, sanno le precise ragioni per le quali l'ha avuta quella maledetta poltrona. Sì, evitare il processo, questo ormai è ufficiale. Ma parliamo delle ragioni originarie. Quelle che sono note a Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e al medesimo Aldo Brancher. Un tipo frettoloso. Anche i suoi amici, gente che di queste faccende se ne intende, lo criticano. Sarebbe bastato che si presentasse nell'aula del tribunale, balbettasse qualcosa, e avrebbe trascorso un’estate serena per poi far valere il "legittimo impedimento" in una delle udienze successive. Invece Brancher ha voluto usarlo subito, come un bambino che apre i pacchi alla vigilia di Natale. E nell’euforia deve aver pensato di essere ministro per davvero: "Devo organizzare il mio ministero", ha proclamato l'altro ieri nello stupore generale. E così gli è arrivata sul cranio una nota della presidenza della Repubblica che da sola, anche se non ne fosse seguita una furente richiesta di dimissioni da parte dell'intera opposizione, cose mai viste, avrebbe indotto chiunque a ritirarsi dal governo, dal parlamento e, magari, anche dall'Italia. Soluzioni che, naturalmente, Aldo Brancher non prende in alcuna considerazione. Starà incollato al suo posto. E si ricorderà che la pazienza è la virtù dei forti. Di gente come Marcello Dell'Utri, per esempio. Sempre in parlamento e sempre imputato. Sempre libero, salvo una breve parentesi, e oggi, giorno della sentenza d'appello, chissà… magari anche innocente tra prescrizioni e derubricazioni. O come Vittorio Mangano il quale - erano altri tempi - non potè mai diventare parlamentare. E sopportò, in silenzio, dall'ergastolo, il peso dei suoi segreti. Noi, purtroppo, sopportiamo quello di Aldo Brancher. Il quale, col suo ministero senza portafoglio, costa comunque alle casse dello Stato un milione di euro. La stessa cifra, per coincidenza, della quale è accusato d'essersi indebitamente appropriato nel processo che tenta di evitare. Ma perché mai un personaggio così è stato nominato ministro? Perché Umberto Bossi ha dovuto ingoiare questo colossale rospo e Berlusconi questa vergogna? Silenzio, Brancher. La tua poltrona, a qualunque cosa serva, è d'acciaio. 26 giugno 2010
Bufera su Brancher, lo schiaffo del Colle di Andrea Carugatitutti gli articoli dell'autore Il giudice del Tribunale di Milano Anna Maria Gatto decidera' il prossimo 5 luglio (data in cui e' prevista la prossima udienza) sulla richiesta di legittimo impedimento presentata dal ministro Aldo Brancher nel processo che lo vede imputato per la vicenda del tentativo di scalata ad Antonveneta. Il Pm Eugenio Fusco, opponendosi alla richiesta di legittimo impedimento presenta dal ministro Aldo Brancher nel processo che lo vede imputato di tentativo di scalata ad Antonveneta, ha detto di sentirsi ''preso in giro'' in quanto dalla certificazione addotta ''non si capisce quali deleghe il ministro abbia''. ''Insomma non so che ministro è''. Pur evidenziando profili di incostituzionalita' del provvedimento sul legittimo impedimento, il Pm non ha chiesto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ha detto, pero', che nel caso in cui il giudice dovesse decidere di farlo sarebbe inevitabile uno stralcio della posizione di Brancher rispetto a quello della moglie, Luana Maniezzo, coimputata del ministro (GUARDA IL VIDEO).
La giornata non era iniziata bene, per Aldo Brancher. Prima gli schiaffi di Bersani, "in Italia si fanno ministri per scansare la giustizia, è una vergogna". Ma la cosa più grave è che il concetto di Bersani era più o meno condiviso sui siti e sui forum dei leghisti, e ancor peggio, su quello del Pdl, dove la scelta del neoministro di chiedere il legittimo impedimento veniva bollata come "inspiegabile", al grido di "Non sarà che aveva ragione Fini?". Non a caso il finiano numero uno, Fabio Granata, aveva definito "assolutamente inopportuna" la mossa di Brancher. Ma la botta vera è arrivata a metà pomeriggio, con la nota del Quirinale che fulmina Brancher. "A proposito del ricorso dell’on. Brancher alla facoltà prevista per i ministri dalla legge sul legittimo impedimento - dice il Colle - si rileva che non c'è nessun nuovo Ministero da organizzare in quanto l’on. Brancher è stato nominato semplicemente ministro senza portafoglio". Giovedì, per spiegare la richiesta di rinvio del processo a ottobre, il neo-ministro aveva parlato proprio del tempo necessario "per organizzare il mio ministero, non ho ancora scelto neppure il capo di gabinetto". La motivazione era presente anche nei documenti ufficiali con cui i legali di Brancher chiederanno oggi il rinvio nell’udienza al tribunale di Milano. Ma non era l’unica: gli avvocati avevano fatto riferimento anche a una mole di impegni parlamentari e di governo, dal federalismo fiscale alla manovra, per giustificare il proprio assistito. E ieri hanno ribadito il concetto: "La nostra richiesta non è legata in senso stretto alla necessità di organizzare il ministero". Sarà comunque il giudice a decidere sulla richiesta di impedimento, a prescindere dalle valutazioni del Quirinale, e a valutare se, come pare ormai quasi certo, mandare gli atti alla Consulta. PD E IDV: DIMISSIONI Brancher, dopo la nota del Colle, cerca di correggere il tiro: "Una montatura assurda, non voglio sottrarmi alla giustizia, chiedero l’anticipo dell’udienza a fine luglio". Pd e Idv, che chiedono all’unisono le dimissioni. Nel Pd il primo a intervenire è Enrico Letta, che brucia sul tempo lo stesso Di Pietro: "Le parole del Quirinale sono un macigno. Solo le dimissioni possono sanare questo scandalo". La richiesta di dimissioni è corale, intervengono Veltroni, Bindi, Finocchiaro che parla di "oltraggio alla democrazia", Ceccanti che ribadisce "l’incostituzionalità" del legittimo impedimento, Andrea Orlando, Nicola Latorre. Il capogruppo Franceschini chiama in causa Berlusconi: "Venga immediatamente in Aula a spiegare le ragioni della nomina: ho scritto al presidente Fini perché solleciti Berlusconi". Franceschini lascia intendere che anche la mozione di sfiducia è tra le armi "in canna" dei democratici. Di Pietro ha già scelto la strada della mozione, e tuona: "Brancher ha preso in giro i magistrati e il Capo dello Stato". A destra l’imbarazzo dilaga. "Le dichiarazioni del Quirinale si ascoltano, non si commentano", dice Ignazio La Russa."Per quanto ne so, Brancher formalmente ha il diritto di avvalersi del legittimo impedimento". Ancora più gelido Italo Bocchino: "Se fossi in lui domattina rinuncerei ad appellarmi al legittimo impedimento, sarebbe un gesto distensivo. Ho paura che il caso Brancher diventi un boomerang per Berlusconi". L’umore del Cavaliere, per ora silente, viene sintetizzato dal fedelissimo Osvaldo Napoli: "La nota del Quirinale è irrituale sotto ogni profilo. Il presidente della Repubblica interviene su una scelta giuridica di competenza del ministro Brancher, con ciò anticipando il giudizio del magistrato di merito. Il Quirinale, inoltre, indirizza politicamente la discussione sul lodo Alfano all’esame del Senato". "Siamo di fronte a un atto in stile presidenzialista, a un commissariamento dei poteri propri dell’esecutivo". 26 giugno 2010
2010-06-01 Lodo Alfano, Umberto Bossi: "Al premier qualcosa la devi dare" Estendere l'applicazione del Lodo Alfano è "una piccola cosa: il presidente del Consiglio deve badare ad un paese e qualcosa gli devi dare". Ne è convinto Umberto Bossi, ministro per le Riforme e segretario della Lega Nord, che in questi termini ha risposto ai giornalisti, a margine della firma di patti di sicurezza a Varese. Il leader della Lega si dice così favorevole alla proposta di estendere il lodo Alfano ai processi avviati prima dell'insediamento come primo ministro. Bossi ha anche intervenuto sulle polemiche legate alle intercettazioni. "Troveremo la mediazione" fra le esigenze della gente di non essere intercettata e quelle della magistratura di indagare. "La gente - ha risposto Bossi ai giornalisti - non ci tiene ad essere intercettata mentre in alcuni casi è chiaro che la magistratura deve poter intercettare ma non su tutto e su tutti: si deve trovare la via, la mediazione, e la troveremo". 01 luglio 2010
Lodo Alfano, l'ultima novità: si estende scudo premier. Il Pd: sconcertante In arrivo modifiche per il Lodo Alfano e l'idea e' quella di estendere ulteriormente lo scudo per il premier prevedendo che la sospensione possa valere anche per i processi cominciati prima dell'assunzione della carica. La previsione ,che nel testo attuale vale solo per il Capo dello Stato, ora il Pdl vorrebbe estenderla anche al presidente del Consiglio e ai ministri. E' questa la proposta contenuta nel parere sul Lodo Alfano che la commissione Giustizia del Senato, presieduta da Filippo Berselli, sta per dare alla commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. ''Del resto - spiega lo stesso Berselli che ha messo a punto il parere - sarebbe stato un diverso trattamento tra il Capo dello Stato e il presidente del Consiglio e non sarebbe stato giusto. Cosi' la proposta e' quella di uniformare il trattamento riservato al presidente della Repubblica anche al premier e ai ministri.Di questa modifica che si potrebbe introdurre al Lodo Alfano se ne e' parlato anche questa sera nella Consulta della giustizia del Pdl. Durante la riunione, alcuni senatori avrebbero annunciato il parere che il presidente Berselli dovrebbe presentare domani alla Commissione Affari Costituzionali che sta esaminando il Lodo Alfano. Nel testo attuale si prevede che lo scudo possa valere nei confronti del presidente della Repubblica ''anche in relazione a fatti antecedenti all'assunzione della carica''. ''Ma questa formulazione, per un errore di chi ha formulato il testo - sottolinea Berselli - non era stata estesa al presidente del Consiglio e ai ministri''. ''E ora - sottolinea - nel parere che stiamo per presentare in Prima Commissione cerchiamo di ovviare a questa disparita' di trattamento''. Se il parere della Commissione Giustizia verra' accolto lo scudo per il premier e per i ministri si potrebbe estendere ulteriormente e la sospensione scatterebbe anche per quei processi cominciati prima dell'assunzione dell'incarico. ''Poi proponiamo di introdurre - conclude Berselli - anche altre modifiche come quella che riguarda la sostituzione del termine 'procedimento' con quella di 'processo'. Ma tutti gli altri rilievi sono piu' che altro di carattere tecnico. ''La decisione di modificare il Lodo Alfano per estendere ulteriormente lo scudo al presidente del Consiglio e ai ministri e' davvero sconcertante''. Il capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti commenta cosi' l'intenzione espressa dagli esponenti del Pdl di modificare il testo ora all'esame della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. ''Questa decisione - aggiunge - dimostra qualora ce ne fosse stato bisogno, che non si tratta di un provvedimento con nobili intenzioni. Ripeto, e' tutto molto sconcertante''. 30 giugno 2010 |
il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com/2010-06-08
2010-06-01 Il Pdl tenta di ampliare lo scudo del Lodo Alfano per il premier Cronologia articolo30 giugno 2010 Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 22:48. In arrivo modifiche per il Lodo Alfano e l'idea è quella di estendere ulteriormente lo scudo per il premier prevedendo che la sospensione possa valere anche per i processi cominciati prima dell'assunzione della carica. La previsione ,che nel testo attuale vale solo per il Capo dello Stato, ora il Pdl vorrebbe estenderla anche al presidente del Consiglio e ai ministri. È questa la proposta contenuta nel parere sul Lodo Alfano che la commissione Giustizia del Senato, presieduta da Filippo Berselli, sta per dare alla commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. "Del resto - spiega lo stesso Berselli che ha messo a punto il parere - sarebbe stato un diverso trattamento tra il Capo dello Stato e il presidente del Consiglio e non sarebbe stato giusto. Così la proposta è quella di uniformare il trattamento riservato al presidente della Repubblica anche al premier e ai ministri. Di questa modifica che si potrebbe introdurre al Lodo Alfano se ne è parlato anche mercoledì sera nella Consulta della giustizia del Pdl. Durante la riunione, alcuni senatori avrebbero annunciato il parere che il presidente Berselli dovrebbe presentare domani alla Commissione Affari Costituzionali che sta esaminando il Lodo Alfano. Nel testo attuale si prevede che lo scudo possa valere nei confronti del presidente della Repubblica "anche in relazione a fatti antecedenti all'assunzione della carica". "Ma questa formulazione, per un errore di chi ha formulato il testo - sottolinea Berselli - non era stata estesa al presidente del Consiglio e ai ministri". "E ora - sottolinea - nel parere che stiamo per presentare in Prima Commissione cerchiamo di ovviare a questa disparità di trattamento". Se il parere della Commissione Giustizia verrà accolto lo scudo per il premier e per i ministri si potrebbe estendere ulteriormente e la sospensione scatterebbe anche per quei processi cominciati prima dell'assunzione dell'incarico. "Poi proponiamo di introdurre - conclude Berselli - anche altre modifiche come quella che riguarda la sostituzione del termine 'procedimentò con quella di 'processò. Ma tutti gli altri rilievi sono più che altro di carattere tecnico
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